25 Apr Educare alle differenze
a cura dell’Avv. Eleonora Nocito, Criminologa perfezionata in Criminologia Minorile
Nelle mie conferenze ci tengo sempre a sottolineare che il bullismo è un comportamento che si caratterizza per tre elementi fondamentali: l’intenzionalità che guida il comportamento del bullo, la persistenza nel tempo e lo squilibrio di potere tra bullo e vittima. Inoltre le prepotenze messe in atto possono essere sia dirette (ossia di tipo verbale o fisico che si evidenziano già nella scuola primaria o in quella secondaria di primo grado) che indirette ossia quelle che si verificano quando il bullo riesce a fare agire al suo posto altri soggetti utilizzandoli per colpire la vittima o facendo in modo che la relazione con altri soggetti venga impedita alla vittima stessa la quale si ritrova sempre più isolata, perdendo progressivamente fiducia in se stessa. Il cyberbullismo è ancora più pericoloso del bullismo tradizionale perchè il cyberbullo si sente in qualche modo protetto, deresponsabilizzato, pensa di sfuggire al controllo, di rimanere impunito e di allargare, attraverso il web, il suo “pubblico” di spettatori. La cybervittima, molte volte, non riesce a capire chi la colpisce realmente e, quindi, oltre che dalla paura è colpita anche dall’ansia.
Voglio ricordare che il Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Gruppo CRC), il quale a livello nazionale controlla che i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza siano rispettati sul suolo italiano, ha messo in evidenza che il bullismo è una dinamica molto comune sia tra bambini che tra adolescenti legandosi strettamente a bisogni della loro crescita i quali, però, vengono espressi in maniera negativa, come la paura di rimanere esclusi oppure la voglia di essere al centro dell’attenzione e di essere ammirati. Tale dinamica è, inoltre, legata ad una persistente cultura basata sull’intolleranza alla diversità. Da una recente ricerca di Save the Children risulta che i ragazzi sono sempre più consapevoli della negatività del bullismo in quanto per il 69% dei ragazzi esso rappresenta uno dei pericoli più percepiti e per il 38% dei giovani il cyberbullismo è la prima minaccia. Anche gli studi psicologici hanno elaborato numerose proposte relative alla prevenzione di questo fenomeno; tutte queste ricerche concordano sulla necessità di studiare questa problematica tenendo presente che il bullismo ha una natura multidimensionale, ossia non è possibile affrontarlo considerando solamente il rapporto tra bullo e vittima.
Ciò detto, in primo luogo bisognerebbe progettare all’interno scuola un clima diverso, qualcosa che si basi su norme e valori differenti rispetto a quelli che solitamente abbiamo. Si parla di una “politica antibullismo” ossia di una cultura scolastica che sia contro la violenza e che parta da un sistema di regole che siano basate sulla cooperazione e sul rispetto. Purtroppo in molte parti d’Italia troviamo una cultura di disprezzo per le differenze ma la varietà e la complessità della nostra società non ci permette di non essere consapevoli di queste diversità, in quanto anche nelle classi scolastiche abbiamo un vero e proprio puzzle etnico, comportamentale e culturale. Tali contesti possono essere occasioni di crescita e di arricchimento ma possono essere anche contesti in cui si finisce per confliggere e per stigmatizzare. Il razzismo, bullismo, l’omofobia e il machismo sono elementi che non possiamo far finta che non esistano, non possiamo far finta di averli sconfitti perché sono cronaca di tutti i giorni. Dunque, il primo passo da compiere per una scuola realmente aperta a tutti è il riconoscimento del diritto alla diversità; quello successivo è di riconoscere valore alle differenze. Una scuola che voglia davvero dare pari opportunità di accesso e di successo, che eviti la stigmatizzazione, l’emarginazione, la ghettizzazione, deve necessariamente passare attraverso il riconoscimento delle differenze. Il problema diventa “come” riconoscere queste differenze, senza applicarle come etichette per cui il riconoscimento diventa una stigmatizzazione e la differenza una stigma. I fenomeni di aggressività e di bullismo, che negli ultimi tempi sono alla ribalta, si fondano proprio sul non riconoscimento delle differenze individuali, sul mancato riconoscimento del valore della differenza individuale. Gli atti di bullismo non sono altro che la riproduzione in piccolo di ciò che avviene nella nostra società tutti i giorni, ossia nella difficoltà di conciliare l’uguale e il differente. Quindi il valore delle differenze individuali deve essere il punto di arrivo di ogni percorso educativo e scolastico.
Inoltre le risorse interne alla scuola devono essere assolutamente valorizzate: parlo in primo luogo dei ragazzi ma anche degli insegnanti, delle famiglie e di tutti gli operatori scolastici senza la necessità di ricorrere soltanto agli esperti esterni che sono molto importanti ma che, da soli, non possono cambiare assolutamente nulla. Poi va considerata la variabile tempo: non si può pensare di fare progetti che siano estemporanei, sporadici, basati sull’emergenza, sulla necessità impellente. E’ evidente, quindi, la necessità di una formazione degli insegnanti, che deve essere, da una parte, di conoscenza del fenomeno ma, dall’altra, anche di utilizzo di strumenti metodologici che li aiutino a progettare percorsi positivi. Altrettanto importante è il coinvolgimento delle famiglie. Secondo le ricerche, in Italia i progetti vengono presentati alle famiglie ma, la maggior parte delle volte, queste ultime sono mere ascoltatrici di queste proposte. Bisognerebbe invece, come avviene anche in altri Paesi, renderle attrici di questi progetti, facendole partecipare a pieno titolo nelle proposte progettuali, in modo da responsabilizzarle rendendole partecipi delle questioni inerenti l’adolescenza e la preadolescenza.
Per concludere, riflettiamo come cittadini e cittadine, come donne e uomini ma, soprattutto, come genitori sull’importanza che i ragazzi siano consapevoli che la differenza non può essere motivo di stigmatizzazione e, dunque, che educarli alle differenze è assolutamente indispensabile se vogliamo che sia garantito il rispetto per l’altro chiunque esso sia, diverso per etnia, cultura, religione o per identità di genere.
(Immagine in evidenza tratta da Unicef)